BEN VENGA MAGGIO

Di Piera Angela Di Lorenzo






«Ben venga maggio
e 'l gonfalon selvaggio!

Ben venga primavera,
che vuol l'uom s'innamori:
e voi, donzelle, a schiera
con li vostri amadori,
che di rose e di fiori,
vi fate belle il maggio»

Con questi versi Angelo Poliziano descrive i riti del giorno di Calendimaggio (primo giorno di maggio) in cui a Firenze e in altre città toscane, i giovanotti usavano offrire alle loro innamorate dei rami fioriti e prendevano parte a giostre e gare per conquistarne il cuore, nel pieno della primavera vista come la stagione dell'amore per eccellenza. Primavera, donne e amore: ancora oggi il mese di maggio è associato a questi elementi. Per i cattolici maggio è il mese dell’anno in cui hanno luogo devozioni speciali in onore delle Beata Vergine Maria. A maggio, mese della prevenzione al femminile, ha luogo la Race for the Cure, l’evento simbolo di Komen Italia: la più grande manifestazione per la lotta ai tumori al seno in Italia e nel mondo. Maggio è, infine, il mese in cui celebriamo la festa della mamma. Ecco che il mese di maggio si tinge di rosa, un colore che illumina la tela variopinta della nostra vita. Quando penso a maggio penso a un sorriso accogliente, caldo, gentile come quello di Patrizia.

Erri De Luca, nel libriccino Le sante dello scandalo, riconosce nel mondo ebraico: «una divisione dei ruoli tra donna e uomo, oggi sfumata, ma rigorosa allora. Alla donna spetta il governo sulla riproduzione della vita, all’uomo spetta il compito di trasmettere la legge, la storia, l’alleanza, da incidere nella sua carne col taglio del prepuzio. Maschio in ebraico si dice «zakhàr», che viene dal verbo ricordare. In questo consiste il maschile, nel ricevere e trasmettere alla generazione seguente il bagaglio sacro. Femmina in ebraico si dice «nekevà», dal verbo incidere. Femmina è incisione, fessura, da dove esce la vita, In materia di natività spetta a lei il governo».

La donna per sua natura è chiamata a mettere al mondo, dare alla luce e, quindi, a generare nuovi processi. Numerosi sono gli esempi luminosi di donne che ieri e oggi hanno donato la propria vita per il bene comune. Le recenti notizie di cronaca ci dicono che una donna, la volontaria italiana laica in Perù, Nadia De Munari, è stata trucidata durante una rapina al centro "Mamma mia" di Nuevo Chimbote, dove aiutava minori e madri bisognose. Una vita dedicata agli altri, nel solco della gratuità, determinazione e coraggio che caratterizza anche l’esperienza di Armida Barelli, futura beata, considerata la “sorella maggiore”, punto di riferimento di tante giovani donne che seguendo il suo esempio hanno contribuito a far sentire la presenza forte, intelligente e creativa delle donne nella vita della Chiesa e nella società italiana. La Serva di Dio, Armida Barelli, ha fatto parte del Terz’Ordine secolare di San Francesco, ha cofondato l’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, ha fondato la Gioventù femminile di Azione cattolica, ricoprendone l’incarico di presidente nazionale ininterrottamente dal 1918 al 1946. In una nota «il Comitato per la beatificazione auspica che il cammino di santità vissuto e testimoniato da Armida Barelli, a partire da una incrollabile fede nel Sacro Cuore, possa essere di esempio e di incoraggiamento per tutti coloro che nella vita associativa, nell’impegno di consacrazione nel mondo e nell’attività culturale e accademica cercano ogni giorno di contribuire alla manifestazione del regno di Dio. Con la sua intensa vita spirituale e l’instancabile attività organizzativa ha precorso i tempi contribuendo ad aprire strade nuove per il ruolo della donna nella vita della Chiesa e della società. Docile all’azione dello Spirito Santo ha saputo affrontare con straordinario coraggio sfide nuove e sostenere opere profetiche che ancora oggi si rivelano ricche di frutti pastorali, sociali e culturali».

Che il suo esempio possa guidare i passi di tante donne che con energia, amore e cura sono costantemente impegnate nella costruzione di una società solidale. L’impegno delle donne nella Chiesa e nella società pone ancora molti interrogativi e lascia molti spazi bianchi, ma come direbbe la poetessa Wisława Szymborska nella poesia Ritratto di donna: «È facile, impossibile, difficile, ne vale la pena».